venerdì 4 aprile 2008

Roma

Mille luci sul Tevere e la tua voce nell'aria.
Roma rallegra e intristisce. Stimola, distrae, chiarisce e illude.
Ti guardavo e mi sembrava di poter guarire la ferita che non guarisce.
Volevo sapere tutto di te. Del tuo mondo intero e di quel sorriso sulle labbra.
Ho portato mille volte le mani a nascondere il viso, per quella fatale condizione della mia natura che mi porta a vergognarmi di certe piccole cose.
Un vizio antico la mia timidezza, che a sollevare il sipario e mettersi in scena davanti ai tuoi occhi serve coraggio.
E allora si accartocciava ogni parola prima che riuscissi a dirla. Impallidivano le domande. La previsione dei tuoi pensieri tacitava la voce profonda delle mie variopinte emozioni.
Fare silenzio era più sicuro che parlare. E così ho mantenuto il distacco silenzioso di chi vuole conservare la sua leggerezza.
Invece avrei dovuto concedermi.
Buttare il mio enorme cuore fra le stelle.
Ma un giorno, giuro...

P.