Ogni orizzonte porta un cielo e un amore.
L’atto creativo, nella sua interezza, ha la caratteristica di un luogo di ritiro che prevede tempi di lavorazione lunghi e pazienti. Sarà per il mio bisogno istintivo di distruggere e ricomporre. Di frammentare e riordinare.
Così, sono lembi della mia vita che si ricompongono. La traccia tangibile di persone e luoghi che non si lasciano più definire.
E non posso dipingere la mia malinconia perché il colore la supera e le si sovrappone.
Ci sono pittori che si sporcano e sporcano le tele di brandelli esistenziali come fossero carne e sangue.
A me piace giocare con frammenti di azzurri e rossi.
Questa è la mia grammatica.
P.
I miei orizzonti: Ho Amato (particolare) - Olio su tela.
mercoledì 9 aprile 2008
venerdì 4 aprile 2008
Roma
Mille luci sul Tevere e la tua voce nell'aria.
Roma rallegra e intristisce. Stimola, distrae, chiarisce e illude.
Ti guardavo e mi sembrava di poter guarire la ferita che non guarisce.
Volevo sapere tutto di te. Del tuo mondo intero e di quel sorriso sulle labbra.
Ho portato mille volte le mani a nascondere il viso, per quella fatale condizione della mia natura che mi porta a vergognarmi di certe piccole cose.
Un vizio antico la mia timidezza, che a sollevare il sipario e mettersi in scena davanti ai tuoi occhi serve coraggio.
E allora si accartocciava ogni parola prima che riuscissi a dirla. Impallidivano le domande. La previsione dei tuoi pensieri tacitava la voce profonda delle mie variopinte emozioni.
Fare silenzio era più sicuro che parlare. E così ho mantenuto il distacco silenzioso di chi vuole conservare la sua leggerezza.
Invece avrei dovuto concedermi.
Buttare il mio enorme cuore fra le stelle.
Ma un giorno, giuro...
P.
Roma rallegra e intristisce. Stimola, distrae, chiarisce e illude.
Ti guardavo e mi sembrava di poter guarire la ferita che non guarisce.
Volevo sapere tutto di te. Del tuo mondo intero e di quel sorriso sulle labbra.
Ho portato mille volte le mani a nascondere il viso, per quella fatale condizione della mia natura che mi porta a vergognarmi di certe piccole cose.
Un vizio antico la mia timidezza, che a sollevare il sipario e mettersi in scena davanti ai tuoi occhi serve coraggio.
E allora si accartocciava ogni parola prima che riuscissi a dirla. Impallidivano le domande. La previsione dei tuoi pensieri tacitava la voce profonda delle mie variopinte emozioni.
Fare silenzio era più sicuro che parlare. E così ho mantenuto il distacco silenzioso di chi vuole conservare la sua leggerezza.
Invece avrei dovuto concedermi.
Buttare il mio enorme cuore fra le stelle.
Ma un giorno, giuro...
P.
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